“Antologia del caos” – Mostra fotografica di Nicola Angiulli

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Si inaugura sabato 10 dicembre, alle ore 11, nel Museo Civico di Strada Sagges, “Antologia del caos”, la mostra fotografica di Nico Angiulli, curata da Lorenzo Madaro, che presenta una panoramica sistematica sul lavoro  condotto dall’autore negli ultimi quarant’anni.

La mostra, composta da immagini concepite in lunghi periodi di ricerca, si articola in due sezioni.

La prima è dedicata a ritratti di protagonisti dell’avanguardia artistica italiana e internazionale degli anni Settanta e Ottanta – periodo in cui Bari divenne uno degli epicentri più significativi dell’avanguardia grazie all’impegno e all’azione della gallerista Marilena Bonomo – tra cui Alighiero Boetti, Joseph Beuys, Achille Bonito Oliva, Mimmo Paladino e Lucio Amelio.

La seconda sezione è invece incentrata su viaggi, paesaggi e particolari di spazi e forme che diventano astratti.

All’inaugurazione, che si terrà alla presenza dell’autore e del curatore, interverranno l’assessora alle Culture Ines Pierucci e la consigliera delegata alla promozione de patrimonio culturale Micaela Paparella.

“Antologia del caos” sarà visitabile dal 10 dicembre al 31 gennaio negli orari di apertura del Museo Civico di Bari.

«Da subito ho imparato a osservare gli artisti.

Con Kounellis, ad esempio, notavo che quando allestiva una situazione

si metteva in un punto preciso da cui la guardava.

Così ho capito che aveva sempre lo stesso punto d’osservazione

che, poi, coincide con la foto finale».

Claudio Abate, 2015

 

Nico Angiulli. Tracce per un archivio da valorizzare

Appunti per una mostra al Museo Civico di Bari

Lorenzo Madaro

C’è una linea della storia della fotografia contemporanea che assorbe il rapporto – profondo, intimo, prezioso –, che ha unito i fotografi con gli artisti visivi, caratterizzandosi come una pagina imprescindibile per poter leggere le vicende che hanno riguardato anche gli spazi e le gallerie d’avanguardia, in anni rivoluzionari in cui realtà come L’Attico di Fabio Sargentini a Roma o Franco Toselli a Milano accoglievano idee e visioni che i fotografi hanno prontamente documentato. Ma non è soltanto una questione legata al documento e alla testimonianza: l’importanza di questo specifico ambito della ricerca fotografica ha anche una sua autonomia formale, artistica, basti pensare al ruolo di alcuni autori come Claudio Abate, Giorgio Colombo e Maria Mulas, ed ancora Massimo Piersanti e Elisabetta Catalano. Testimoni oculari, insieme ad altri, di un processo che ha visto gli artisti uscire dai perimetri chiusi del quadro e della scultura per entrare nel corpo vivo delle cose. Pensiamo ai ritratti di Marcel Duchamp e Andy Warhol concepiti da Ugo Mulas, un pioniere di quest’ambito straordinario della ricerca visuale; ma anche – sempre per rimanere ai casi italiani – al ruolo fondamentale di Enrico Cattaneo e Aurelio Amendola. In questa specifica storia merita uno spazio anche Nico Angiulli, soprattutto per quelle tangenze tra la storia dell’arte internazionale e Bari, tra gli epicentri più significativi dell’avanguardia grazie all’impegno e all’azione attiva della gallerista Marilena Bonomo, a cui idealmente è dedicata la sezione della personale di Angiulli al Museo Civico di Bari che si concentra sull’arte e gli artisti, ma anche sui curatori e i galleristi. Da Giulio Paolini, ritratto nel 1978 a Villa Bonomo a Bari, a Mimmo Paladino, Franco Toselli; da Keith Haring, immortalato nel 1984 alla Biennale di Venezia, a Luigi Ontani e Alighiero Boetti. E poi Lucio Amelio e Achille Bonito Oliva e ancora Charlemagne Palestine e Dokoupil e Pat Steir, e l’indimenticabile Biagio Caldarelli, straordinario artista barese scomparso prematuramente.

Si evincono gesti, pose, attitudini, sguardi, assenze, profondità che appartengono di diritto a queste personalità, entrate a più riprese nella storia dell’arte e in quella delle immagini di Angiuli oggi per la prima volta in mostra tutte assieme. La maggior parte sono immagini che riescono a restituire anche uno spaccato significativo di alcuni anni eroici, in cui Bari era appunto al centro di un impegno sull’arte contemporanea. Torneranno mai più quegli anni? Le immagini di Nico Angiulli al dire il vero stimolano nostalgia anche da parte di chi non ha vissuto quegli incontri.

La prima volta che ho visto una fotografia di Nico Angiulli è stato sfogliando le pagine del bellissimo libro But, where is Bari? (Allemandi, 2010) dedicato proprio alla storia della galleria Bonomo di Bari, era un ritratto di Alighiero Boetti seduto su una scaletta con Alessandra e Valentina Bonomo. Nella sua casa-studio di Bari, uno spazio privato che è parte integrante del suo nomadismo culturale – difatti è una stratificazione di oggetti e opere e memorabilia che restituiscono la magia di incontri, viaggi, esperienze nell’arte e non solo –, ho poi osservato personalmente i ritratti che ha dedicato a Joseph Beuys e a tutti gli altri. Quel corpo verticale, in bianco e nero, del maestro tedesco, prossimo alla morte, che avverrà nel gennaio 1986, è l’emblema della sua resistenza, della sua capacità di usare il proprio corpo come messaggero di ideali e immaginari da reinventare di volta in volta. Da quell’opera parte questa mostra, a conferma di una storia che unisce il passato al presente e alcune personalità dell’arte internazionale – anzitutto Lucio Amelio, geniale e indimenticato protagonista, che portò Beuys a Napoli sancendo poi anche l’incontro fatidico con Andy Warhol –, poiché Angiulli, prima di tutto, è stato un curioso viaggiatore nell’arte del suo tempo.

Una sezione specifica della mostra è invece dedicata ai viaggi veri e propri: affiorano così dei veri e propri appunti visivi, in cui si rintracciano dettagli, frasi, occhi, anatomie, paradossi, geometrie, specifiche luci, antinomie, oggetti totemici, frammenti, pagine di memoria che di volta in volta si riattivano anche mediante nuovi affiancamenti, in grado di trasformare il senso profondo delle stesse immagini. C’è, nella fotografia di Angiulli, l’immediatezza di un gesto, la velocità di un occhio capace di captare immediatamente la forza intrinseca di un dettaglio, che prontamente perpetua.

Com’è stato per Claudio Abate e per altri nomi della fotografia contemporanea, quindi, esistono due Nico Angiulli: il compagno di strada – o comunque il testimone oculare – degli artisti e l’autore di personali divagazioni attorno all’immagine e alla sua struttura. Questa mostra li raccoglie entrambi, in sezioni differenti, a conferma di una curiosità che è prima di tutto intellettuale, perché rivela la personalità dinamica e mai banale di un fotografo che alle immagini, più o meno segretamente, ha dedicato tutto il suo impegno da quarant’anni e oltre.